Uno dei temi del settore che sta tenendo banco, ormai da troppo tempo, riguarda la gestione dei residui legnosi che arrivano dai lavori del verde in ambito urbano. Una situazione a dir poco kafkiana che è forse più ostaggio da logiche terze, rispetto a quello che potrebbe e dovrebbe essere fatto. Intanto la prima incertezza da sgomberare è quella che riguarda il lato interpretativo delle norme. I tagli di manutenzione delle alberature di parchi, viali ma anche strade, autostrade linee ferroviarie non hanno niente di diverso da quelli fatti effettivamente all’interno delle aree boscate. Si parte dal presupposto del concetto di sottoprodotto, perché il legname in questo caso è la risultanza di un processo che non lo vede protagonista, ma è la risultanza di un altro obiettivo. In pratica non si tratta di taglio di un bosco, ma della gestione del verde, pubblico o privato che sia. Il taglio di un bosco, diradamento o raso che sia, è o non è una manutenzione di una foresta? Le potature e/o gli abbattimenti di viale alberato con la messa a dimora di nuove piante è o non è un’operazione boschiva a tutti gli effetti in ambito urbano? Entrambi gli interventi, per essere realizzati devono avere un’autorizzazione di taglio o manutenzione che sia, rilasciata dagli enti deputati per legge (le unioni dei comuni montani per quelle nel bosco ed il municipio per quelle in ambito urbano), hanno un loro riscontro di provenienza puntuale, che siano particelle catastali o urbane la tecnica di taglio è la stessa. Allora c’è da chiedersi, perché la destinazione di questo legname deve avere un fine davvero così tanto diversa. Già: quella che arriva dal bosco ha molteplici impieghi, che vanno dalla legna da ardere ad uso domestico o industriale, a quella da opera fino all’estrazione del tannino o della cellulosa. Invece se viene da ambiti extra foresta, ad oggi, la destinazione sembra solo quella degli impianti di raffinamento e gestione dei rifiuti solidi urbani. Come è noto, le istituzioni si stanno muovendo, sotto l’azione degli operatori del settore, a partire dalle associazioni di categorie. Dopo un periodo di interregno dove cataste di legname sono rimaste in imposti urbani in attesa di capire come ci si debba comportare, è arrivato un primo passo importante: durante l’esame del Decreto-legge Ambiente, è arrivato un emendamento sottoscritto dai gruppi parlamentari di maggioranza e opposizione che punta a valorizzare nella filiera energetica, quei residui legnosi provenienti dalla manutenzione del verde. Un’azione che avrebbe contribuito a diminuire la quantità dei rifiuti da smaltire ed iniziare a promuovere questa biomassa nell’ottica dell’economia circolare delle fonti rinnovabili, così come quella proveniente dalle stesse lavorazioni in ambito agricolo e silvano. L’emendamento proposto chiariva infatti che i residui derivanti dalla manutenzione del verde sono da considerare sottoprodotti, nel rispetto dei requisiti dell’articolo 184-bis del Testo Unico Ambientale. Questa azione avrebbe promossonaturalmente i residui legnosi delle potature e abbattimenti, non la parte più vegetale che resterà comunque un rifiuto che può essere gestita anche da impianti di produzione di compost oppure, in caso di provenienza privata, può essere utilizzata la via dell’isola ecologica urbana. Invece è arrivato il parere contrario del Ministero dell’Ambiente e con esso anche la bocciatura dell’emendamento. Sarebbe un passo importante per dare dignità a quella biomassa che oggi è relegata al ruolo poco nobile di rifiuto ed invece si continuerà, per gli operatori economici, a vivere nell’incertezza interpretativa delle norme.